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Il Castello del Terrore

Il Castello del Terrore

“Das Schwarze Auge” nella sua prima versione da gioco da tavolo.

Correva l’anno 1989, il fantasy imperversava da anni in tutti i campi dell’intrattenimento per ragazzi: dal rischio delle derive sataniste di Tom Hanks grazie a Dungeons & Dragons, ai film di “Conan il Barbaro” passando per He-Man, anche nel mondo dei giocattoli molti dei temi caldi ruotavano attorno a rudi pseudo-vichinghi muniti di spadoni, nani, elfi e magia oscura.

Proprio in quell’anno viene pubblicato quello che sarà un’assoluta pietra miliare del gioco da tavolo. Realizzato dalla Milton Bradley, è il primo tentativo di riproporre in forma semplificata l’esperienza di dungeon crawling offerta da giochi di ruolo come D&D. (Non fu l’unico, ma sicuramente fu quello più memorabile.) Per quanto semplificata, viene adottata la stessa formula del “master” che narra una storia d’avventura ad un gruppo di eroi pronti a fronteggiare il male.

Schmidt Spiele, azienda che in quegli anni in Germania teneva saldamente in pugno il mercato del gioco da tavolo, non poteva farsi sfuggire l’occasione. Quale opportunità migliore per sfruttare il brand di “Das Schwarze Auge”, gioco di ruolo che aveva sviluppato 5 anni fa e che nel frattempo era giunto alla sua 2a edizione?

Scatola del primo gioco da tavolo su licenza DSA: “Il Castello del Terrore”.
Scatola del primo gioco da tavolo su licenza DSA: “Il Castello del Terrore”.

Burg des Schreckens

Nel 1992 viene pubblicato il primo gioco della serie, con un nome minaccioso (e molto old-school fantasy) che sta per “Il Castello del Terrore”. Si tratta di un re-branding di “Dark World”, una serie di giochi da tavolo usciti appena l’anno precedente negli Stati Uniti: un prodotto chiaramente ispirato a Hero Quest, già a partire dall’immagine sulla scatola che raffigura un barbaro impegnato nello scontro con una manticora.

Le somiglianze non si limitano alla copertina. Anche il tabellone di gioco non è particolarmente originale: la griglia di gioco è suddivisa in stanze dalla disposizione e dalla forma regolare, ognuna delle quali è corredata da oggetti di plastica e cartone (bauli e scaffali). Una divergenza da Hero Quest è data dalla presenza di porte di plastica imperniate sul cartone—che quindi si aprono e si chiudono—e la presenza di passaggi segreti (delle librerie e dei quadri che ruotano) che permettono di muoversi più rapidamente da una stanza all’altra.

Il tabellone di gioco di “Burg des Schreckens”.
Il tabellone di gioco di “Burg des Schreckens”.

Gli scontri con i vari mostri sul tabellone (dai classici scheletri a creature più inusuali, tra cui la manticora della copertina) si svolgono con due dadi speciali, che mostrano sulle loro facce valori che vanno da 0 a 2 spade. Per colpire un avversario, il giocatore tira due dadi e deve fare in modo di totalizzare un numero di spade pari o superiore alla ‘resistenza’ della creatura.

Il fatto che il massimo totalizzabile sia di 4 spade fa sì che i mostri con una resistenza superiore a 3 siano molto difficili da sconfiggere. Tra le possibilità offerte ai giocatori ci sono delle carte di combattimento che possono essere utilizzate dopo un tiro per aumentare il totale di spade. Altrimenti, con alcune combinazioni fortunate, è possibile ottenere un “colpo possente” ed aggiungere un tiro di dado.

Oltre ai tiri fortunati ed alle carte a uso singolo, è possibile trovare delle speciali armi dorate in giro per il castello (che permettono l’uso di 3 dadi per gli attacchi). Le miniature, realizzate con un buon dettaglio, dispongono effettivamente di buchi nelle mani dove i giocatori possono andare ad inserire la loro arma preferita (o un’arma speciale appena scovata in un baule).

Il malefico ‘Nemesis’, arroccato sul suo tempio di plastica.
Il malefico ‘Nemesis’, arroccato sul suo tempio di plastica.

I giocatori possono interpretare una serie di personaggi, distinti a livello di miniatura, ma senza alcuna differenza a livello di gioco: in pratica tutti dispongono dello stesso numero di punti resistenza e dello stesso numero di dadi d’attacco.

Oltre al classico barbaro della copertina (un must, evidentemente), sono a disposizione un nano provvisto di elmetto alato (altrettanto un must per “Das Schwarze Auge”), un elfo esploratore e un cavaliere. Il gioco purtroppo non si discosta da Hero Quest neanche nella mancanza di eroi femminili, una scelta evidentemente vincolata dal materiale originale di “Dark World” visto che già dalla prima edizione del gioco di ruolo gli autori di DSA rimarcavano l’assenza di differenze tra i sessi in Aventuria.

Obiettivo del gioco è quello di raggiungere il temibile Nemesis in cima al tempio (un grosso blocco di plastica in fondo al tabellone) e di sconfiggerlo. Data l’elevata resistenza dell’avversario finale (un totale di 7 punti), sconfiggerlo è soprattutto questione di fortuna e di saggio uso delle carte di attacco.

Il villaggio e la valle

Il gioco originale si concludeva solitamente in un’ora e mezza di gioco: nonostante fosse—secondo le poche testimonianze dirette che siamo riusciti a trovare—un gioco non proprio indimenticabile, ottenne un buon successo di vendite.

Lo stesso anno ancora uscì il seguito, “Dorf des Grauens” (ossia, “Villaggio dell’Orrore”) e l’anno dopo il terzo episodio, “Tal des Drachens” (“Valle del Drago”). La scelta dei nomi rimane strettamente ancorata alla mai noiosa formula ‘sostantivo e complemento di specificazione’.

Tabellone della prima espansione, “Dorf des Grauens”.
Tabellone della prima espansione, “Dorf des Grauens”.

Entrambi i seguiti sono dei giochi indipendenti, che possono essere completati da un gruppi di eroi sconfiggendo il “cattivo” di turno (un tale Thurak per il secondo episodio ed il drago imperatore Zardok per il terzo). “Villaggio dell’Orrore” si svolge in una piccola cittadina—con una serie di abitazioni di cartone e plastica—e si conclude invece sul torrione della fortezza del cattivo, che si rivela essere un servitore di Nemesis. “Valle del Drago” ha un’ambientazione più selvaggia, con montagne, paesaggi rocciosi e degli strani passaggi su delle passerelle di plastica (che sembrano un po’ ispirate da l’Isola di Fuoco).

I primi due giochi da tavolo combinati per una singola partita.
I primi due giochi da tavolo combinati per una singola partita.

La sorpresa è che tutti e 3 i giochi si possono combinare insieme, costruendo quindi un unico grosso tabellone di gioco che inizia con la sfida con il drago, prosegue con l’accesso al villaggio e la scalata del torrione, che a sua volta conduce all’interno della fortezza ed infine alla sommità del tempio, dove ci aspetta un epico scontro finale.

Zardok, il drago.
Zardok, il drago.

Nonostante la componentistica di buon livello, si tratta di giochi un po’ macchinosi che non brillano per originalità. Lo schema base di Hero Quest viene variato quel tanto che basta per non rendere “Burg des Schreckens” un clone troppo evidente, ma nel passaggio vengono apportate alcune modifiche che lo rendono peggiore dell’originale. I combattimenti risultano più legnosi, i personaggi perdono la loro identità e soprattutto si riduce di molto la rigiocabilità, sacrificando la possibilità di intavolare scenari sempre nuovi con dungeon diversi.

Anche l’adattamento della licenza di “Das Schwarze Auge” appare non del tutto riuscita: compaiono infatti creature del tutto aliene ad Aventuria, come ad esempio gli abitanti del villaggio che vengono resi come halfling in stile Terra di Mezzo (piedoni pelosi inclusi). Troviamo inoltre degli hobgoblin, uomini-ratto ed altre creature che difficilmente sono ricollegabili all’universo di DSA.

Di seguito il video originale del Phantasos Studio, che ci ha gentilmente concesso l’utilizzo delle immagini dell’articolo, che mostra in dettaglio la componentistica ed i 3 giochi combinati per un’unica (ed evidentemente lunghissima) sessione di gioco.